LA RADIO: IL TAMBURO TRIBALE
Marshall Mc Luhan, che non era un musicista o un
produttore discografico, ma il padre della moderna
mass-mediologia, colui che per primo coniò il termine
“villaggio Globale”, nella classica suddivisione tra
media freddi e media caldi, includeva la radio in
quest’ultima categoria. Senza scadere, nella sociologia
spicciola, va precisato che media freddi s’intendono
tutti quei mezzi di comunicazione di massa, e la
televisione è uno di questi, già rifiniti e completi,
dove si lascia poco spazio alla fantasia,
all’immaginario del fruitore; diversamente, da quelli
caldi, dove il meccanismo di completamento e
d’interazione, tra la il comunicante ed il ricevente,
risulta fondamentale.
Per questo e per altri motivi che tra radio e musica,
altro mezzo caldo, il sodalizio fu inevitabile, in
particolare tra radio, dischi e discc-jocjeys. La radio
utilizzò subito la musica per intervallare il flusso di
parole e per creare intrattenimento; dal canto suo,
industria musicale sfruttò immediatamente le
potenzialità di penetrazione del mezzo radiofonico e la
sua capillare diffusione, al fine di promuovere artisti,
concerti, orchestre ed eventi a vario titolo. Mc Luhan
diede una delle definizioni più belle del mezzo
radiofonico, ossia “il tamburo tribale”, quasi che la
radio avesse il potere e la forza di chiamare a raccolta
l’intera tribù del “villaggio globale” intorno al sacro
fuoco della musica. Scriveva Mc Luhan, negli anni ’60,
ma la sostanza è sempre la medesima: “L'unione della
radio col fonografo, che costituisce il programma
radiofonico medio, crea uno schema assai più potente di
quella combinazione tra radio, giornale e telegrafo che
ci fornisce i notiziari e i bollettini meteorologici. È
curioso constatare come alla radio o alla TV questi
ultimi siano assai più seguiti delle notizie. Non è
forse perché il «clima » è ora interamente una forma
d'informazione elettronica mentre le notizie conservano
in gran parte gli schemi della parola parlata?” Fatta ,
dunque, eccezione per le previsioni del tempo, la
musica, ossia l’unione tra radio e fonografo
(chiamiamolo giradischi, CD-player, lettore MP3) era ed
avrebbe dovuto rimanere l’asse portante della
programmazione radiofonica moderna. Quando il Professor
Mc Luhan distillava i propri pensieri la TV, che egli
definiva “il gigante timido”, era ancora lungi dal
diventare “un nano cretino” o una “troia svaccata”. La
storia della musica giovanile è, comunque,
indissolubilmente legata alla radio. L’avvento del rock
nella metà degli anni '50, fu accompagnato da importanti
cambiamenti nello stile dei programmi radio e da un
nuovo rapporto fra il disc-jockeys e la musica. Per via
del suo ritmo incessante, il rock costrinse il medium
radiofonico ad accelerare le presentazioni, e i
disc-jockeys, che diventarono più popolari, furono
quelli che riuscivano a mantenere l'eccitata andatura
della musica. Notiziari, bollettini meteorologici,
pubblicità e informazioni di pubblica utilità furono
tutti annunciati nello stile febbrile che caratterizzava
la musica, ed i programmi radio - spesso un'intera
stazione - divennero un'esperienza comune di eccitamento
forzato. Il rock era strettamente legato al medium
radiofonico, perché la musica si orientava in genere
verso i dischi, più che verso le esibizioni dal
vivo......
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